201407.05
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La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 189 del 2 luglio 2014, ha fissato il principio per cui le Regioni non possono aggravare la procedura di Autorizzazione Unica di cui all’art. 12 D. Lgs. 387 del 2003 per gli impianti da energie rinnovabili poiché tale norma è inderogabile da parte degli Enti locali.

Nello specifico i Giudici della Corte Costituzionale hanno dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 30 della legge della Regione Basilicata 8 agosto 2013, n. 18 che modifica la legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1 (Norme in materia di energia e Piano di Indirizzo Energetico Ambientale Regionale. D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 – L.R. n. 9/2007), aggiungendovi l’art. 4 bis.

Tale norma prevedeva che il Comitato Tecnico Paritetico Stato-Regioni (istituito a seguito dell’intesa sottoscritta in data 14 settembre 2011 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, dal Ministero dell’Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare e dalla Regione Basilicata) avrebbe dovuto esprimere un parere obbligatorio nell’ambito del procedimento unico previsto dall’articolo 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003.

La Corte Costituzionale ha, preventivamente, evidenziato che la disciplina degli impianti di energia da fonti rinnovabili deve essere ricondotta alla materia di competenza legislativa concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. e che l’art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003, nel regolare l’installazione di detti impianti attraverso un procedimento che si conclude con il rilascio di un’autorizzazione unica (commi 3 e 4), reca un principio fondamentale vincolante per il legislatore regionale.

La citata norma è ispirata a canoni di semplificazione ed è finalizzata a rendere più rapida la costruzione degli impianti di produzione di energia alternativa ed ha, a parere della Corte Costituzionale, natura di “principio fondamentale”.

Analoga natura deve essere riconosciuta anche le Linee Guida previste dal comma 10, dell’articolo 12 D. Lgs. n. 387/2003, in quanto esse costituiscono necessaria integrazione delle previsioni contenute nell’art. 12 del medesimo D. Lgs. e la loro adozione «è informata al principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

Partendo da tali considerazioni, è emerso come la normativa regionale impugnata, avesse inserito nell’ambito del procedimento autorizzativo di cui all’art. 12 D. Lgs. 387 del 2003, il parere obbligatorio del Comitato Tecnico Paritetico Stato – Regioni. Tale adempimento ulteriore, tuttavia, non è né richiesto né citato nel richiamato art. 12 D. Lgs. 387 del 2003, né, tantomeno, dalle Linee Guida.

Per tal verso, dunque, la normativa regionale ha determinato un aggravio procedurale che è risultato essere in contrasto con le esigenze di celerità e semplificazione amministrativa, sottese al principio fondamentale come sopra richiamato.

La Corte ha, quindi, concluso, ribadendo un principio già precedentemente affermato, che tale contrasto comporta la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., «non potendo il legislatore regionale introdurre, nell’ambito del procedimento di autorizzazione di cui all’art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003, nuovi o diversi adempimenti rispetto a quelli indicati dalla norma statale» (sentenza n. 344 del 2010).

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