Con la sentenza 2936 del 9 giugno 2014 il Consiglio di Stato ha respinto gli appelli proposti dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas avverso quattro sentenze emesse in esito ad altrettanti ricorsi presentati innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Lombardia, Milano, dichiarando l’illegittimità delle delibere dell’Autorità relative alla revisione del servizio di dispacciamento dell’energia elettrica per le unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili, ritenendo che tali delibere non siano conformi ai dettati normativi che impongono che il servizio di dispacciamento debba essere gestito in modo da assicurare parità di condizioni ed imparzialità nel trattamento riservato ai diversi operatori.
Il Consiglio di Stato, partendo da quanto previsto dal Decreto Legislativo 16 marzo 1999 n. 79 (di attuazione della direttiva 96/92/CE), ha evidenziato che, a mente del suddetto Decreto Legislativo;
- le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia elettrica sono libere.
- le attività di trasmissione e dispacciamento sono riservate allo Stato ed attribuite in concessione al gestore della rete di trasmissione nazionale.
- il dispacciamento è l’attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione e l’esercizio coordinati degli impianti di produzione, della rete di trasmissione e dei servizi ausiliari.
- il gestore della rete di trasmissione nazionale esercita le attività di trasmissione e dispacciamento dell’energia elettrica, ivi compresa la gestione unificata della rete di trasmissione nazionale.
- l’Autorità per l’energia elettrica e il gas fissa le condizioni atte a garantire a tutti gli utenti della rete la libertà di accesso a parità di condizioni, l’imparzialità e la neutralità del servizio di trasmissione e dispacciamento.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato come tali principi abbiano rilevanza europea e che sono stati recepiti nella Direttiva 13 luglio 2009 n. 72 il cui articolo 15, paragrafo 7, dispone che «le regole di bilanciamento della rete elettrica adottate dai gestori del sistema di trasmissione, comprese le regole per addebitare agli utenti della loro rete lo sbilanciamento energetico, sono obiettive, trasparenti e non discriminatorie».
Tenuto cono che le offerte di acquisto e vendita di energia elettrica avvengono mediante negoziazioni che si svolgono nel giorno precedente quello di effettiva immissione nella rete dell’energia elettrica (cosiddetto mercato del giorno prima) e che le predette offerte, sempre in data antecedente al giorno di effettiva immissione, possono essere oggetto di revisione (cosiddetto mercato infragiornaliero), v’è la necessità che la domanda di energia da parte degli utenti e l’offerta di energia da parte dei produttori debba trovarsi, per assicurare la sicurezza della rete e in ragione dell’impossibilità che l’energia elettrica possa essere immagazzinata, in costante equilibrio.
Il servizio di dispacciamento gestito da Terna S.p.A. persegue, proprio, la finalità di assicurare detto equilibrio.
Terna stipula con i singoli produttori contratti di dispacciamento e assegna a ciascuna unità di produzione un punto di dispacciamento in relazione al quale l’utente del dispacciamento acquisisce il diritto e l’obbligo di immettere energia elettrica nella rete. Una volta chiusi i mercati sopra indicati, si apre il cosiddetto mercato del servizio di dispacciamento nell’ambito del quale Terna acquisisce la disponibilità dei produttori abilitati a variare le immissioni e i prelievi di energia al fine di correggere le posizioni fisiche e garantire le condizioni di sicurezza di funzionamento del sistema elettrico. Il giorno dell’immissione dell’energia della rete può, infatti, accadere che vi sia uno “scarto” tra le previsioni di produzioni inviate dai produttori il giorno precedente e l’energia effettivamente erogata e immessa fisicamente nella rete. Questa differenza identifica il cosiddetto sbilanciamento. Più precisamente, se in una determinata zona si verifica una produzione di energia superiore a quella prevista l’operatore che ha errato nelle previsioni di immissioni sarà obbligato a sostenere i relativi costi al fine di assicurare l’equilibrio di rete. Se, però, nella zona rilevante si registra una carenza di energia l’operatore economico che ha immesso in rete più energia del previsto potrà ottenere un beneficio dallo sbilanciamento.
Orbene, sino al 2012 i costi di sbilanciamento causati dalle unità di produzione alimentate dalle fonti rinnovabili vanivano socializzati andando, cioè, ad incidere sulla categoria dei consumatori.
Dal 1° gennaio 2013, la Delibera del 5 luglio 2012 n. 281, ha previsto una revisione del servizio di dispacciamento dell’energia elettrica per le unità di produzione alimentate da fonti rinnovabili non programmabili, mediante una modifica del sistema precedete relativo ai costi di sbilanciamento. La finalità di tale delibera era quella di «promuovere una maggiore responsabilizzazione degli utenti del dispacciamento di impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili in relazione alla efficiente previsione dell’energia elettrica immessa in rete e, in particolare, un’equa ripartizione dei costi generati all’interno del sistema elettrico che non possono più ricadere solo sui consumatori di energia elettrica».
La Delibera dell’Autorità 22 novembre 2012, n. 493 ha dispianato l’approvazione delle modalità per l’attribuzione dei corrispettivi di sbilanciamento e dei corrispettivi a costi amministrativi da attribuire anche ai produttori in regime di ritiro dedicato e di tariffa fissa omnicomprensiva.
Nella sua decisione il Supremo Collegio ha evidenziato che le fonti di produzione di energia elettrica non programmabili sono caratterizzate dal fatto che, pur non essendo oggettivamente impossibile la previsione di energia prodotta ed immessa in rete, tale previsione, in ragione della tipologia della fonte e delle variabili che ne condizionano l’operatività, non può raggiungere lo stesso livello di precisione delle fonti programmabili. Del resto, è la stessa definizione legislativa, contenuta nell’art. 2 del d.lgs. n. 387 del 2003, delle fonti in comparazione a segnare la differenza di regime, nell’ambito della regolazione del servizio di dispacciamento, cui le stesse devono essere sottoposte. Non è, infatti, consentito regolare in maniera eguale fattispecie oggettivamente diverse.
Tale conclusione, a parere del Consiglio di Stato, non implica che i costi di sbilanciamento causati da tali unità di produzione debbano, come era previsto nel regime previgente, essere socializzati, quanto piuttosto che la regolazione economica e tecnica dell’Autorità deve essere esercitata in modo da pervenire ad una soluzione che, da un lato, tuteli il mercato nella sua interezza mediante l’imposizione anche alle unità di produzione in esame dei costi di sbilanciamento, dall’altro, introduca meccanismi calibrati sulla specificità della fonte in grado di tenere conto della modalità di produzione dell’energia elettrica e delle conseguenti difficoltà di effettuare una previsione di immissione in rete che raggiunga il medesimo grado di affidabilità che devono garantire le unità di produzione di energia programmabile.
In definitiva, il Consiglio di Stato ha ritenuto che rientri nella valutazione tecnica dell’Autorità il potere di individuare, nel rispetto del principio di parità di trattamento tra gli operatori economici del settore, la modalità di ripartizione dei costi di sbilanciamento che tengono conto della peculiarietà della fonte.