201406.17
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Con la sentenza n. 166 del 11 giugno 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 4 e 5, della legge della Regione Puglia n. 31 del 2008, che vietava «la realizzazione in zona agricola di impianti alimentati da biomasse, salvo che gli impianti medesimi non siano alimentati da biomasse stabilmente provenienti, per almeno il quaranta per cento del fabbisogno, da “filiera corta”, cioè ottenute in un raggio di 70 chilometri dall’impianto».

La Corte, tornado ad evidenziare che l’art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003 enuncia principi fondamentali della materia, a riparto concorrente, attinente alla produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, ha sottolineato come la normativa regionale non possa discostarsi da quanto previsto dal legislatore statale a tale titolo.

In particolare, nella sentenza in commento, viene sottolineato che sebbene il citato art. 12, comma 7, nella parte in cui afferma la compatibilità urbanistica dell’impianto energetico con la vocazione agricola del fondo, riflette il più ampio «principio, di diretta derivazione comunitaria, della diffusione degli impianti a fini di aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili», ammette dei limiti alla localizzazione di detti impianti in zona agricola preoccupandosi di preservare il «corretto inserimento degli impianti» nel paesaggio (art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003), in modo da prevenire il danno che potrebbe venire inferto all’ambiente e all’agricoltura di pregio.

Tuttavia, pur ammettendo detti limiti, la normativa statale non assume a principio fondamentale della materia il perseguimento dell’interesse allo sviluppo della produzione agricola, trattandosi di profilo estraneo all’oggetto principale dell’intervento normativo.

Orbene, partendo da detti principi, la Corte Costituzionale ha ravvisato da parte della normativa regionale pugliese il perseguimento di un obiettivo che travalica i limiti tracciati dalla normativa statale di principi (ossia la prevalenza della materia “energia” anche con la finalità di conseguire lo scopo, originato dal diritto dell’Unione, di raggiungere una quota di energia da fonti rinnovabili, come indicato da ultimo dall’art. 3 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2011/77/CE e 2003/30/CE).

In buona sostanza, a parere della Corte Costituzionale, quello che il Legislatore regionale ha inteso perseguire non era certo di salvaguardare dalla distruzione le colture di pregio, quanto, piuttosto, di promuovere la produzione agricola, rendendola servente rispetto all’impianto energetico. In tal modo la Legge Regionale, però, ha imposto delle “modalità gestionali” che risultano incongruenti rispetto ai limiti consentiti dalla normativa statale di principio alla localizzazione in area agricola dell’impianto energetico.

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