201402.09
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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13 del 30 gennaio 2014 ha posto fine alla querelle sulla individuazione da parte delle Regioni delle aree non idonee all’istallazione degli impianti eolici.

La questione ha tratto origine dalla questione di legittimità costituzionale sollevata dal TAR Campania in relazione alla L.R. 11/2011.

I Giudici Costituzionali, hanno premesso che la normativa statale (art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003) consente alle Regioni un limitato margine di intervento, al solo fine di individuare «aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti», in attuazione delle linee guida adottate dal Ministero dello Sviluppo Economico il 10 settembre 2010, emanato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali.

Nella Parte I, Disposizioni generali, le suddette linee guida stabiliscono che le Regioni possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatori o pianificatori per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili, esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17. Tale paragrafo indica i criteri e i principi che le Regioni devono rispettare al fine di individuare le zone nelle quali non è possibile realizzare gli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. Le Regioni possono procedere alla individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al suddetto punto e sulla base dei criteri di cui all’allegato 3. L’allegato 3 prevede, poi, che l’individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione «deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto» e che non può riguardare «porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela».

In sintesi, in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, alle Regioni è consentito soltanto individuare, caso per caso, «aree e siti non idonei», avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora ciò sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti.

Il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, derivante dalla normativa europea e recepito dal legislatore nazionale, era già stato affermato dalla stessa Corte Costituzionale, che in passato ha avuto modo di precisare che detto principio «trova attuazione nella generale utilizzabilità di tutti i terreni per l’inserimento di tali impianti, con le eccezioni, stabilite dalle Regioni, ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti nell’ambito delle materie di competenza delle Regioni stesse. Non appartiene invece alla competenza legislativa della stessa Regione la modifica, anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003 […].» (cfr. sentenza n. 224 del 2012).

In buona sostanza la Corte Costituzionale ribadisce il principio secondo cui le Regioni possono individuare le aree non idonee a condizione che le stesse vengano esattamente specificate, essendo loro vietato introdurre un divieto generalizzato che di fatto si sostanzi in un ribaltamento del principio generale stabilito dal Legislatore nazionale nonché i principi dell’Unione Europea in materia (vd. direttive 2001/77/Ce e 2009/28/Ce) che impongono la massima diffusione delle rinnovabili.

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