Con la sentenza in commento il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata ha dichiarato l’illegittimità della deliberazione di Giunta regionale n. 175 del 2 marzo 2017 e delle linee guida allegate «per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti da fonti rinnovabili con potenza superiore ai limiti stabiliti nella tabella A) del d.lgs. n. 387/ 2003 e non superiore a 1MW».
La vicenda trae fondamento dal ricorso presentato da un produttore che, dopo aver presentato una PAS per la realizzazione di un impianto eolico da 60kW, veniva invitato dal Comune adeguarsi alle disposizioni contenute nella delibera della Giunta Regionale n. 175, pena l’inibizione della PAS.
Nel decidere sul ricorso, i Giudici hanno, preliminarmente, accolto la censura di incompetenza della Giunta Regionale ad emanare le linee guida, con riguardo agli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza pari a 60 kW.
È stato, infatti, evidenziato che l’art. 3, n. 3, della legge regionale 30 dicembre 2015, n. 54, stabilisce, tra l’altro, che: «la Giunta Regionale, previo parere della Commissione consiliare competente, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, emana specifiche linee guida per il corretto inserimento degli impianti, alimentati da fonti rinnovabili con potenza superiore ai limiti stabiliti nella tabella A) del D.Lgs. n. 387/2003 e non superiori a 1 MW». A sua volta, la tabella A) di cui all’art. 12 dello stesso decreto n. 387 del 2003, con riguardo agli impianti alimentati da energia eolica, fissa una soglia di 60 kW. Ne consegue, in applicazione del criterio letterale, di cui all’art.12, primo comma, delle “Disposizioni della legge in generale” che il legislatore regionale ha espressamente limitato l’alveo applicativo delle linee guida di cui è questione ai soli impianti con potenza “superiore” ai 60 kW.
La parte, però, sicuramente più interessante della sentenza 510/2017 è quella in cui viene evidenziata la violazione del D.Lgs n. 387 del 2003, del D.Lgs. n. 28/2011 e della L R. n. 8 del 2012, avendo la deliberazione giuntale impugnata reso – di fatto – «obbligatorio il procedimento di autorizzazione unica eliminando la procedura semplificata, con regole, peraltro, generali che prescindono dalla analisi della natura particolare dei singoli siti», nonché la violazione dei principi della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile delle linee guida nazionali e di non aggravamento della procedura.
Il TAR ha ricordato che l’art. 12, n. 10, del D.Lgs. n. 287 del 2003 ha disposto che che la Conferenza unificata approvi le linee guida per lo svolgimento del procedimento autorizzatori degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, assicurandone un corretto inserimento degli impianti, con specifico riguardo a quelli eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti. Sul punto, in termini di estensione del potere legislativo regionale, il giudice delle leggi, con decisione n. 13 del 2014, ha avuto modo di chiarire che: «La normativa statale (art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003) consente alle Regioni un limitato margine di intervento, al solo fine di individuare “aree e siti non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti”, in attuazione delle predette linee guida. Queste ultime sono state adottate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010 […] Nella Parte I, Disposizioni generali, le suddette linee guida stabiliscono che le Regioni possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatori o pianificatori per l’installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili, esclusivamente nell’ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17. Tale paragrafo indica i criteri e i principi che le Regioni devono rispettare al fine di individuare le zone nelle quali non è possibile realizzare gli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. Le Regioni possono procedere alla individuazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al suddetto punto e sulla base dei criteri di cui all’allegato 3. L’allegato 3 prevede, poi, che l’individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione “deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto” e che non può riguardare “porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storicoartistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela” […] In sintesi, in materia di localizzazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, alle Regioni è consentito soltanto individuare, caso per caso, “aree e siti non idonei”, avendo specifico riguardo alle diverse fonti e alle diverse taglie di impianto, in via di eccezione e solo qualora ciò sia necessario per proteggere interessi costituzionalmente rilevanti. Del resto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile, derivante dalla normativa europea e recepito dal legislatore nazionale, “trova attuazione nella generale utilizzabilità di tutti i terreni per l’inserimento di tali impianti, con le eccezioni, stabilite dalle Regioni, ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti nell’ambito delle materie di competenza delle Regioni stesse. Non appartiene invece alla competenza legislativa della stessa Regione la modifica, anzi il rovesciamento, del principio generale contenuto nell’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387 del 2003” (sentenza n. 224 del 2012)».
Orbene, col provvedimento impugnato, nonostante da esso risulti che l’istruttoria per le aree e per i siti non idonei non si sia ancora conclusa, si è ritenuto di individuare due macro aree tematiche e relative fasce di buffer, senza alcuna motivazione o specificazione delle zone inibite o in ordine all’entità delle distanze fissate.
Il ricorrente ha versato in atti una perizia di parte, non oggetto di contestazione specifica, dalla quale risulta che la gran parte del territorio regionale sarebbe escluso dall’ambito di applicazione della procedura abilitativa semplificata, con sostanziale effetto di aggravamento del procedimento autorizzatorio disegnato dalle disposizioni nazionali e regionali di riferimento per gli impianti di minore potenza.
In virtù delle argomentazioni sopra esposte il TAR, in accoglimento del ricorso, ha annullato la deliberazione di Giunta regionale n. 175 del 2017.